Napoli sforna talenti come il pizzaiolo sforna le margherite, sempre calde, buone e divine.
Oggi voglio raccontarvi una storia…
C’era una volta, un giovane bambino che era il quinto di otto fratelli, tutti a casa lo chiamavano Gianni o Giannin’ asseconda del momento in cui lo si chiamava. Questo bambino viveva in una povera casetta: un solo vano al quinto piano di un vecchio stabile ma, fortunatamente aveva il mare, il sole e la buona musica.
Non passava giorno che il buon Gianni, non fantasticava sul suo futuro mentre passeggiava in lungo ed in largo per Santa Lucia, tra un lavoretto ed un altro riusciva a racimolare qualche moneta per portarla a casa ed aiutare la sua famiglia.
Un giorno però alcuni suoi amici, accorgendosi della bella voce che possedeva, lo costrinsero a cantare e se non l’avesse fatto, sarebbe stato gettato a mare. Gianni aveva molta paura, non sapeva nuotare e così iniziò a cantare.
Questa piccola storia è una storia che non ha una fine e cosa più bella e che non ne avrà mai una, Gianni, lo scugnizzo di Santa Lucia continuerà a deliziarci con la sua inconfondibile voce. Gianni però è conosciuto ai più come Massimo, Massimo Ranieri.
Ha iniziato la sua carriera come “Gianni Rock”, all’età di appena tredici anni riuscì ad incidere il suo primo disco e sbarcò in America, al seguito di Sergio Bruni. Il piccolo cantante si fece valere a New York, meta principale del tour. Dopo appena due anni, nel 1966, debuttò in televisione nel varietà “Scala Reale”, presentando, appena quindicenne, la canzone “L’amore è una cosa meravigliosa”.
Il futuro Massimo Ranieri arrivò nel 1968 a Sanremo e porta in finale il suo “Da bambino”. Salì sul palco dell’Ariston in coppia con “I Giganti” e anche questa performance contribuì al suo successo, sempre più in ascesa.
L’anno dopo, canta “Rose rosse”, con cui vince la sezione principale del Cantagiro, dove ormai è uno dei più amati protagonisti. Il brano rimane per ben tredici settimane in testa alle classifiche. Nello stesso anno arriva secondo a Canzonissima, con il brano “Se bruciasse la città”, ma nell’edizione successiva, datata 1970, trionfa letteralmente con la canzone “Vent’anni”.
Intanto viene pubblicato il suo primo disco, che finalmente porta il suo nome d’arte, anche nel titolo: “Massimo Ranieri”.
Il Grande Massimo iniziò anche alcune collaborazioni teatrali e cinematografiche da “Bubù”, datata 1971, a “La cugina”, del 1974, fino al noir “Con la rabbia agli occhi” di A. M. Dawson, girato nel 1976 e sul set con Yul Brinner e Barbara Bouchet. Impossibile escludere il ben noto “La patata bollente”, del 1979, film di rottura per l’epoca che vede Ranieri, fino a quel momento sempre nei panni di personaggi amati dalle donne, interpretare la parte di un giovane omosessuale che s’innamora di un operaio comunista.
Ma in questo arco di tempo, anche il cantante Ranieri si fa valere, nei momenti in cui il cinema e il teatro mollano un po’ la presa su di lui. Il disco “O surdato nammurato”, del 1972, è un omaggio alla canzone napoletana, sempre amata dal cantante di Pallonetto, che tra l’altro viene registrato dal vivo al Teatro Sistina, davanti alle telecamere Rai e per la regia del grande Vittorio De Sica. Nello stesso anno vince “Canzonissima” con “L’erba di casa mia”.
Il 2006 è l’anno dei suoi quarant’anni di carriera, festeggiato con un doppio album dal titolo “Canto perché non so nuotare…da 40 anni”. Il lavoro raccoglie i suoi migliori successi e alcuni dei più bei brani d’autore degli ultimi vent’anni.
Massimo ed il suo eterno amore per Napoli già da ora lo consacrano come Immortale.
Non possiamo più dire tanto ce penza Dio: quando si è trattato e si tratta di Napoli, nessun dio finora ha mai fatto niente.
Di Ilaria Caterina Mondillo.